"«Arrivare al silenzio». Thomas Schütte e la fabbricazione delle opere" di Jean-Marie Gallais

Thomas Schütte
Chiudi Thomas Schütte, Wichte, 2006; Drei Ganz Große Geister, 1998-2004 Pinault Collection; © Thomas Schütte, by SIAE 2025 Installation view, “Thomas Schütte. Genealogies”, 2025, Punta della Dogana, Venezia. Ph. Filippo Rossi / Marco Cappelletti Studio © Palazzo Grassi - Pinault Collection
Articolo
4.06.25

"«Arrivare al silenzio». Thomas Schütte e la fabbricazione delle opere" di Jean-Marie Gallais

Perfino nei materiali più resistenti come l’acciaio o il bronzo, utilizzati a partire dagli inizi degli anni Novanta, Thomas Schütte riesce a trasmettere un senso di fluidità.

[…]

L’acqua, o meglio lo stato liquido e le sue rappresentazioni, occupano una posizione particolare nell’opera di Schütte, anche nei suoi acquerelli, dove la tecnica evoca direttamente questo tema. Nelle Weinende Frauen [Donne piangenti], realizzate a partire dal 1987, la fontana alimenta le lacrime sui volti stilizzati quasi astratti che emergono dalle pareti o dagli angoli. Oltre a costituire la rappresentazione di un archetipo, l’acqua evoca lo scorrere del tempo, considerato dallo stesso Schütte uno dei materiali della scultura, come accade in alcune installazioni di Robert Gober. È espressione di una fluidità—termine che, tuttavia, Schütte rifugge, preferendo opporgli la solidità dei materiali che durano nel tempo. È questo uno dei paradossi dello scultore tedesco, che perfino nei materiali più resistenti come l’acciaio o il bronzo, utilizzati a partire dagli inizi degli anni Novanta, riesce a trasmettere un senso di fluidità. Il rapporto che la sua pratica intrattiene con gli elementi non è estraneo a questo fatto: acqua, terra, fuoco e aria circolano permanentemente nei medium che impiega, essendo in gran parte sottoposti a cambiamenti di stato. Uno dei suoi colleghi, l’americano Charles Ray, scrive: «Le sculture di Thomas Schütte […] mantengono una qualità fluida e malleabile anche dopo aver abbandonato l’argilla ed essere state fuse in bronzo. […] Nel bronzo, la forma è più malleabile che nell’argilla con cui è stato modellato lo stampo della scultura. Questa fluidità non riguarda solo la superficie della figura, ma è una forma che si trova tra l’artista, la sua scultura e la percezione dello spettatore» (12). Questo aspetto, uno dei più enigmatici dell’opera di Schütte, è particolarmente evidente, per esempio, nella sua capacità di destreggiarsi da un materiale all’altro o di utilizzare la trasparenza del vetro mettendoci di fronte a forme capaci di sfidare la fissità della materia.

[…]

Incidenti, variazioni e serie

Se Thomas Schütte si impone una forma di distacco nel suo rapporto quotidiano con il lavoro («Chiudo bottega alle 6 e mi dimentico di tutto» (13) ), si crea in compenso uno spazio di libertà assoluta quando ha il materiale tra le mani, rompendo facilmente le regole che si era imposto il giorno prima. Ciò si riflette nei continui andirivieni, riprese e riformulazioni delle opere, talvolta intervallati da periodi di “oblio” di diversi decenni. Tra le sue sculture gli unicum sono rari; le variazioni possono risiedere negli ingrandimenti, nelle trasformazioni di alcuni dettagli che alterano la postura o l’espressione, nei cambiamenti di materiali o di trattamento della superficie, come se dovesse “far fruttare” l’energia investita in una forma fino a esaurire il motivo (o l’artista). Certo, il rischio è di perdersi nella ricerca di una forma ideale irraggiungibile, critica che alcuni gli rivolgeranno. È il paradosso di quella libertà: «Sono fortunato perché non ho vincoli. Sono ancora libero di muovermi. Ma non ho idea se sia un bene… Non se ne parla mai. È una cosa assodata e priva di ripercussioni. Nessun altro partecipa…» (14). I compagni di viaggio non possono farci niente, in fine l’artista è isperatamente solo – stato d’animo, questo, spesso espresso da Schütte nei suoi disegni e acquerelli. A Marta Gnyp confida che di tanto in tanto la mancanza di motivazione lo porta a rilavorare l’esistente, e a proteggersi dal burnout (15).

Va detto che Schütte ha una produzione significativa e conserva tutto, comprese le prove, gli stadi intermedi e i fallimenti, offrendo loro una seconda possibilità. Ma allora, quando fermarsi? «Una delle cose più difficili da fare è dare vita a un materiale morto. E ogni volta penso: questa testa ora è viva, non vado oltre. Allora mi fermo. In linea di principio questo accade molto rapidamente. […] I Wichte [Folletti] sono stati […] terminati in un’ora. E se sei fortunato, sono ancora vivi dopo la colata e dopo la patina» (16). Strada facendo, gli incidenti, le incomprensioni e gli intoppi tecnici spalancano la porta a nuove direzioni.

È quello che accade quando alcuni Geister in cera lasciati alla fonderia si ammorbidiscono e si accasciano gli uni sugli altri, diventando la base dei Kriegerdenkmäler (2003-04) e poi degli Zombies (2007-2008), ispirati probabilmente dall’ammasso disordinato di frammenti e scarti di produzione in un magazzino. Capita anche che, dopo lunghe riflessioni, Schütte e i suoi accoliti riescano a contenere il danno.

[…]

 

12. Charles Ray, How Do You Tie a Bronze Knot?, in Thomas Schütte, a cura di Paulina Pobocha, catalogo della mostra (New York, MoMA, 29 settembre 2024-18 gennaio 2025), Hatje Cantz, Berlin 2024, p. 22.
13. Thomas Schütte: Playing with Materials, cit.
14. Intervista con Ulrich Loock, in Collector’s Choice, cit., p. 171.
15. Intervista con Marta Gnyp, in Thomas Schütte. Trois actes, catalogo della mostra (Parigi, Monnaie de Paris,
15 marzo-16 giugno 2019), Monnaie de Paris-Snoeck, Gand‑Paris 2019, p. 165.
16. Intervista video con Theodora Vischer, cit.

 

Estratti del catalogo della mostra "Thomas Schütte. Genealogies" a Punta della Dogana