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Punta della Dogana

Icônes

Dal 2 aprile al 26 novembre, Punta della Dogana presenta la mostra tematica “Icônes” a cura di Emma Lavigne, direttrice della Pinault Collection, e Bruno Racine, direttore e amministratore dele­gato di Palazzo Grassi — Punta della Dogana. La mostra collettiva, con opere provenienti in particolare dalla Pinault Collection, invita a una riflessione sul tema dell’icona e dello statuto dell’immagine nella contemporaneità. Il termine “icona” ha due accezioni: la sua etimologia rimanda ai concetti di “immagine” e “somiglianza”, mentre il suo utilizzo generalmente si riferisce alla pittura religiosa, che caratterizza in particolare il cristianesimo orientale. In tempi più recenti il termine è stato associato all’idea di modello, figura emblematica. L’immagine — la sua capacità di rappresentare una presenza, tra apparizione e sparizione, ombra e luce, e di generare un’emozione — è al centro di questa mostra concepita per gli spazi espositivi di Punta della Dogana e il contesto veneziano, caratterizzato da un forte legame con l’Oriente bizantino.

La mostra dedica particolare attenzione alla relazione tra la città di Venezia e l’icona. Dalla fine del Medioevo, l’arte veneziana si è formata grazie alla sintesi di influenze diverse —  in particolare bizantine, gotiche e fiamminghe — che traducono il ruolo di colle­gamento tra Oriente e Occidente svolto dalla Serenissima. Ancora oggi Venezia è un incro cio in cui orizzonti molteplici si intersecano e si ibridano, fornendo così un terreno fertile per la creazione.

La città costituisce anche una fonte di ispirazione ricorrente per l’artista danese di origine vietnamita Danh Vo o James Lee Byars. Alcune opere sono profondamente radicate in questo contesto in quanto ravvivano il ricordo delle opere esposte nelle prece­denti edizioni della Esposizione Internazionale d´Arte — La Biennale di Venezia, come la Ttéia di fili d´oro di Lygia Pape o le miniature testuali e concettuali di Joseph Kosuth nel 2007 a San Lazzaro degli Armeni di Venezia. L’arte della Russia ortodossa, attraverso la poetica del film Andrej Rublëv, dedicato al pittore di icone del XV secolo, viene analizzata da Andrej Tarkovskij attraverso la capacità delle immagini di incarnare, al di là dei secoli e delle vicis­situdini della storia, “l’idea della libertà assoluta del potenziale spirituale dell’uomo”. L’arte dell’icona esprime secondo lui “la necessità di uno sguardo particolare su alcune questioni spirituali”, e rendere sensibile ciò che resta nell’incommensurabile oscurità di un mondo invisibile. Radicandosi nel substrato delle immagini, la poetica del regista russo rimette in gioco la questione del divenire dell’invisibile e dello spirituale in un mondo contemporaneo. La mostra rende anche sensibile l´influenza di altre spiritualità che, dall´Asia all´Africa, dal Brasile agli Stati Uniti, continuano a nutrire le opere degli artisti esposti.

La mostra intende rivelare l’essenza dell’icona come vettore del passaggio verso una possibile trascendenza, invitando ad altri stati di coscienza, contemplazione, meditazione, raccoglimento, attraverso un percorso di oltre 80 opere, tra capolavori della Pinault Collection, lavori mai esposti prima di quest’occasione e installazioni site-specific di 30 artisti di diverse generazioni, nati tra il 1888 e il 1981. Le opere generano spazi come tante pause o “cappelle” nell’era della saturazione di immagini e della loro appropriazione indebita. Tra figurazione e astrazione, la mostra invoca tutte le dimensioni dell’immagine nel contesto artistico contemporaneo – pittura, video, suono, istallazione, performance – e stabilisce dialoghi inediti tra artisti emblematici della Pinault Collection, tra cui David Hammons e Agnes Martin, Kimsooja e Chen Zhen, Danh Vo e Rudolf Stingel, Sherrie Levine e On Kawara.

La mostra presenta opere realizzate dagli artisti Josef Albers, James Lee Byars, Maurizio Cattelan, Étienne Chambaud, Edith Dekyndt, Theaster Gates, David Hammons, Donald Judd, On Kawara, Kimsooja, Joseph Kosuth, Francesco Lo Savio, Sherrie Levine, Agnes Martin, Paulo Nazareth, Camille Norment, Roman Opałka, Lygia Pape,  Michel Parmentier, Philippe Parreno, Robert Ryman, Dineo Seshee Bopape, Dayanita Singh, Rudolf Stingel,  Lee Ufan, Danh Vo e Chen Zhen.

A cura di Emma Lavigne, direttrice generale della Pinault Collection, e Bruno Racine, direttore e amministratore delegato di Palazzo Grassi – Punta della Dogana

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