Palazzo Grassi

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Chiudi © Matteo De Fina
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22.02.23

Palazzo Grassi

La realizzazione di Palazzo Grassi risale alla fine dell'Settecento, ed è l’ultima dimora nobiliare costruita sul Canal Grande prima della caduta della Repubblica di Venezia.

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La realizzazione di Palazzo Grassi risale al periodo tra il 1748 e il 1772, quando la nobile famiglia Grassi commissiona quella che sarà l’ultima dimora nobiliare costruita sul Canal Grande prima della caduta della Repubblica di Venezia a Giorgio Massari, architetto capace di fondere influenze palladiane e sansoviniane, che aveva già partecipato a cantieri monumentali come Ca’ Rezzonico e la facciata dell’attuale Accademia di Belle Arti di Venezia, ma anche realizzato alcune raffinate residenze aristocratiche come Villa Giovanelli Colonna a Noventa Padovana o Villa Cordellina Lombardi a Montecchio Maggiore.

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Nei secoli a Palazzo Grassi si susseguono vari proprietari, alternando mercanti, nobili e industriali. Tra i più influenti si ricordano: il barone Simeone de Sina, a cui si devono le trasformazioni ottocentesche del palazzo, la famiglia Marinotti, che istituisce qui la sede del Centro Internazionale delle Arti e del Costume apportando sostanziali modifiche architettoniche e decorative, passando poi alla gestione Fiat, che ha determinato un ulteriore cambio di assetto attraverso un progetto di riconversione degli interni firmato da Gae Aulenti, progettista particolarmente esperta nei cantieri di spazi ad uso museale, assistita dall’architetto veneziano Antonio Foscari. Nel 2005 Palazzo Grassi è protagonista di una nuova campagna di riordino e modifica degli spazi: l’intervento di Tadao Ando per aprire la prima sede della Pinault Collection si attiene ai limiti imposti dall’architettura preesistente, in modo da creare un sistema museale capace di aggiornarsi e trasformarsi continuamente, instaurando un dialogo con la nuova programmazione espositiva della collezione.

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Dal Canal Grande, la facciata del Palazzo si presenta in coerenza con la tradizione architettonica veneziana nel suo apparire scandita in maniera sobria e regolare, mentre prosegue con variazioni stilistiche e cromatiche sul lato che guarda a campo San Samuele, luogo in cui è situato l’accesso al palazzo. Quello che anticamente era un cortile, è ora l’imponente atrio d’ingresso, uno spazio dai colori tenui scandito da un rigoroso colonnato che poggia sul pavimento in marmo intarsiato fatto posare negli anni Cinquanta del Novecento, al momento dell’istituzione del Centro Internazionale delle Arti e del Costume. Risalgono a questo periodo anche la copertura del cortile interno per mezzo di un lucernario e l’allestimento del velario in vetro di Murano prodotto da Venini, a filtrare la luce proveniente dall’alto.

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Questo ambiente, in cui sono collocati i due affreschi settecenteschi di Carlo Innocenzo Carloni recentemente restaurati, introduce allo spettacolare scalone d’onore che porta al percorso espositivo, le cui pareti sono decorate da affreschi di Michelangelo Morlaiter e Francesco Zanchi raffiguranti eleganti dame e cavalieri mascherati mentre si affacciano da un illusorio spazio balaustrato in architettura dipinta a trompe-l’œil. Al centro del soffitto troneggia una composizione allegorica, che in origine decorava quello che una volta era il salone da ballo a doppia altezza del palazzo, il quale rappresenta le allegorie della Giustizia incoronata dalla Gloria, opera del 1780 di Giambattista Canal. A partire dal primo piano, le sale espositive vere e proprie, si possono ammirare i fastosi soffitti ottocenteschi, commissionati dal barone De Sina, compreso l’affresco che decora la volta della sala di Nettuno e Anfitrite, ad opera dell’austriaco Christian Griepenkerl. Tadao Ando ha saputo coniugare l’eredità storica del palazzo con la sua nuova anima contemporanea, inaugurando la prima mostra della Pinault Collection, Where Are We Going?, nell’aprile 2006, dopo soli quattro mesi dall’inizio dei lavori di restauro.

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